E’ solo una cosa di puro argomento materico: la scelta politica e la non scelta, cioè l’indeciso.
Esistono due modi di essere che si potrebbero paragonare soltanto a ciò che è carta, al suo senso: il perché esiste, non certo un particolare tipo di carta. In alcune condizioni alterate dal punto di vista psichico non è detto che si debbano necessariamente, secondo un vecchio concetto borghese, commettere solo errori. Né si è vittime di puri e semplici equivoci con se
stessi se uno dei tanti, e si sa di chi si parla, solamente facendo a pezzetti un foglio di carta ha scoperto la verità. Spiegando meglio si potrebbe intendere e sottolineare – il si riflessivo nel senso della declinazione – che si scopre qualcosa. …Nel movimento Dada nato agli inizi del secolo è stato un famoso pezzo di carta scritto o no – non ha importanza – fatto a pezzetti, cioè strappato, a fare una definitiva e unica scoperta. Volendo esprimere un giudizio e un paragone, distruggere un foglio di carta disegnato, scritto, o scarabocchiato di appunti e sciocchezze, diventa qualcosa. Se il noto artista Dada lo scoprì per puro caso ma a mente lucida – notando la disposizione degli stessi frammenti come erano caduti per terra – un giovane di oggi di che magari tenta di ricordare, un episodio del tutto analogo lo ha vissuto, per dire, sperimentato, in una sfera allucinatoria che erroneamente si vorrebbe identificare in una determinata scelta politica ed oltre tutto definita sbagliata. C’è gente che non ha coscienza – condizionata dal sistema sociale che non è degno d’essere giustamente giudicato – di un gesto solamente quotidiano. Chi ha coscienza del momento può essere, al limite, colui che senza alcuna decisionalità politica tenta di distruggere qualcosa e i mezzi sono due: quel pezzo di carta è un errore, quel pezzo di carta non ha né senso né utilità, come il numero di telefono di uno sconosciuto. Due modi di capire un foglio di carta fatto a pezzetti e gettato a terra. Nel primo caso è una rivelazione – anche disinteressata – ma anche nel secondo cambia solo lo stato d’animo, dopo un lungo arco di tempo.
Un terzo motivo è riferito a ciò che serve – non sembri assurdo – a ricordare meglio, perché distruggere una qualsiasi cosa serve in questo senso a farla ricordare a se stessi: in quale luogo? Reale o no?
‘Ipotesi’, Viterbo, agosto/settembre 1977
[ vedi fotografie n. 10, appunti ]